“Sono sempre più convinto che il SINDACATO non può essere contro questa misura”.
Rubriche/Opinioni/di Piero D’Errico
Non mi troverete mai mischiato in quella immensità di critiche che il REDDITO di CITTADINANZA ha scatenato.
Non mi troverete mai schierato dalla parte di chi pretestuosamente, per falsi posizionamenti politici, vuole chiudere gli occhi sui bisogni della “povera gente”.
Vuol chiudere gli occhi davanti a cinque milioni di cittadini in povertà assoluta.
Si dice sia una misura “assistenziale” che non promuove il “lavoro”.
E allora !!!!
Aiuterà chi è privo dei mezzi indispensabili per vivere con dignità, chi è rimasto indietro, chi è diverso, chi è povero.
Per questo sono sempre più convinto che il SINDACATO non può essere contro questa misura.
La sua storia, il suo ruolo, il compito che quotidianamente svolge, spesso con sacrifici personali, lo proibisce. Lo proibisce la sua profonda conoscenza dei
bisogni.
Non ho mai avuto meno, dei tradizionali mille difetti, ma quando si è trattato di “aiutare” non mi sono mai, anche a rimetterci in proprio, tirato indietro.
Tanto da considerare a volte la cosa stessa, uno dei mille difetti.
E’ tempo di far alzare in piedi chi è a terra, sentire le grida di aiuto della “povertà” e il reddito di cittadinanza, come il reddito di inclusione in misura minore, vanno in questa direzione. O almeno questo si spera.
E’ tempo di fare più “umana” una società diventata all’improvviso “cattiva” una società che coltiva l ‘odio e l’indifferenza verso chi non sa neanche di esistere.
Si vorrebbe far migliorare lo stato di “povertà” dei poveri, solo attraverso il sostegno pubblico all’impresa, magari alla grande impresa, che dovrebbe così crescere e dare lavoro.
Grazie mille. E’ un concetto ormai consumato dal troppo tempo passato nel sostenerlo senza successo e che quasi sempre ha arricchito l’impresa senza mai creare lavoro.
Abbiamo deluso le aspettative e l’avvenire, i sogni di intere generazioni.
La mia adolescenza, è stata caratterizzata dalla “speranza” che prima o poi qualcosa arrivava, un’opportunità si presentava.
Poi pian piano, si son fatte avanti sempre meno speranze, sempre meno aspettative. Abbiamo un debito nei confronti di almeno due generazioni, un debito di riconoscenza che non ha prezzo.
Offensivo, il solo pensare, il solo immaginare qualcuno seduto in maniera composta o scomposta sul divano. Offensivo soltanto immaginarli “vagabondi” e “bamboccioni” dando a loro colpe che non hanno, colpe che sono nostre.
Abbiamo tenuto fuori dai processi lavorativi, tanti giovani, li abbiamo usati solo per slogan elettorali e per riempire il “programma” di questo o quel partito.
Cominciamo con speranza questa nuova avventura sapendo che sono tanti i passaggi complicati ma sapendo anche che da qualche parte bisognava cominciare.
Non so se il reddito di cittadinanza, sarà occasione di crescita o no, so che non servirà a ridare indietro gli anni persi, so che è il minimo, so che è troppo poco.
So che non servirà a risarcire il tempo rubato, perduto.
Dobbiamo chiedere scusa e convincerci che ovunque la nostra società deciderà di andare, dovrà passare sempre attraverso le nuove generazioni, dovrà passare sempre attraverso le generazioni che verranno.
Convincerci che sono risorse e come tali vanno trattate e utilizzate.
Mai, mai più considerarle un problema o forse un peso.