Il Capo di Leuca, museo di pace e di accoglienza.
Rubriche/di prof. Luigi Mangia
Il Capo di Santa Maria di Leuca è una terra sospesa fra cielo e mare, è una terra aperta ai venti, ai profumi, ai colori, al movimento delle onde del mare che assecondano i pensieri e l’inquietudine del tempo, nella forza della Fede. I Santuario di pietra bianca dà serenità.
Le porte in bronzo, dell’artista Armando Marrocco, rappresentano lo sbarco degli albanesi. La narrazione dello sbarco, nelle tre porte, è ricca e profonda di umanità assecondata dal mare fermo e dal cielo stellato. I profughi respirano fiducia, sentono il favore della terra che li accoglie e si sentono di essere salvi. Entrando in Santuario si incontra la statua della Madonna, con la lampada della Pace.
Le parole: “Lux pacis” sono l’indicazione della fede nel ruolo della Madonna nel Cristianesimo in cui la pace è visione, disegno della salvezza; la luce infatti apre le tenebre, sconfigge la paura del buio e illumina la vita in cammino. Le parole, “Lux e Pacis” sono parole senza tempo, sono parole che uniscono il cuore con la mente, la volontà con l’intelletto. Le parole “Lux Pacis” sono il sentiero del pensiero in cui la filosofia incontra la teologia: per conoscere bisogna credere. Fu questo nella storia l’insegnamento di San Tommaso.
Nel paesaggio del Capo di Leuca si nota e si osserva l’ulivo, quello sano che ha resistito alla Xilella fastidiosa e quello invece che ha subito la malattia, perdendo la sua bellezza tingendosi in un tronco spoglio e diventando così archeologia vegetale. È un tronco peró che non muore perchè ha una nuova vita. Sui tronchi infatti crescono funghi, vivono insetti e gli uccelli continuano a costruire i loro nidi.
Con le mani si possono sentire le forme, scoprire gli anni, toccare la storia. I tronchi malati aiutano a capire il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, ma fra uomo e ambiente non c’è separazione, la e congiunzione è sbagliata perchè ambiente e uomo sono unità, come unità è anche uomo e natura. Da una nuova antropologia culturale puó nascere una visione di pace, una pedagogia del rispetto. Se le immagini diventano parole, le parole diventano storia ed è questa la storia che vogliamo: STORIA DI PACE.