Il Sedile

“Street food”? No grazie. Il cibo di strada è sconsigliabile, parola dell’Istituto Superiore di Sanità

Lo street food può dar luogo a patologie gastrointesinali e disordini neurologici

Cronaca/di Redazione

Il cibo di strada, in gergo denominato “street food”,  è sempre più diffuso (nel 2013 è stato consumato da ben 35 milioni di italiani, come riporta Coldiretti) e, soprattutto per chi vive nei paesi in via di sviluppo rappresenta spesso la principale fonte di alimentazione. Dietro questa alimentazione, però, possono nascondersi diversi pericoli tossicologici.

Li  ha analizzati l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), Possono dar luogo ache ha identificato i principali fattori di rischio chimico/tossicologici associati a questa pratica alimentare.  Lo studio è pubblicato su Food and chemical toxicology.
Finora, infatti, è stata prestata attenzione ai pericoli microbiologici (che possono dar luogo a patologie gastrointesinali e disordini neurologici), mentre quelli chimico/tossicologici (che possono essere silenti per tanto tempo e avere effetti a lungo termine) sono stati sottovalutati.

Il cibo pronto per il consumo, venduto su banchetti, carretti e furgoni disseminati per le strade, presenta, soprattutto nei Paesi poveri, numerosi vantaggi: è di facile accessibilità, è una buona fonte nutrizionale, è a buon mercato. Proprio per la sua ampia diffusione, però, ne va garantita la sicurezza: innanzitutto attraverso l’istituzione e l’applicazione di regolamenti appropriati, ma anche, e soprattutto, tramite lo sviluppo di semplici buone pratiche che rendano il cibo di strada conforme ai requisiti di sicurezza anche per i contaminanti chimici.

Spesso, infatti, questi stand itineranti sono ubicati nei punti di maggior traffico stradale, nei pressi di stazioni ferroviarie o nelle vicinanze delle fabbriche, per poter sfruttare la pausa pranzo dei lavoratori, e quindi sono facile bersaglio dell’inquinamento atmosferico. Anche le condizioni di conservazione e trasporto del cibo sono spesso carenti dal punto di vista della sicurezza. Quindi occorre considerare la prevenzione del deposito di contaminanti atmosferici, del rilascio di sostanze tossiche da materiali a contatto inadatti e dello sviluppo di micotossine in alimenti (es. frutta secca) mal conservati.
Ma ci sono anche altre fonti di contaminazione. Gli ingredienti, per poter essere economici, possono provenire da aree poco salubri (ad esempio, pesce catturato in aree contaminate dove la pesca è proibita, carni di animali malati e sottoposti a trattamenti antibiotici e antiparassitari). Altro elemento può essere l’uso improprio di insetticidi o disinfettanti per tentare di ovviare a cattive condizioni igieniche, o dal tentativo di migliorare l’aspetto del cibo con dei coloranti. Alcuni metodi di cottura frequenti nel cibo di strada, infine, possono incrementare la presenza di contaminanti, quali gli idrocarburi policiclici aromatici (che si sviluppano ad esempio quando si cuoce alla griglia) o l’acrilamide (quando si friggono alimenti ricchi di amido come le patate) o ancora le amine eterocicliche aromatiche (quando gli alimenti ricchi di proteine vengono cotti a temperature molto elevate).

 

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