Non so se mentre sto finendo di scrivere questa lettera Sarah piange ancora, spero di no.

Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

A guardarla ne dimostra si e no quindici, ne ha quasi ventidue di anni, li compie il 5 gennaio, oggi. Sarah, il suo nome.

Per questo si preparava a festeggiare il compleanno con i suoi amici tutti “migranti neri” tra la loro musica e i loro piatti preferiti.

A pochi passi da casa mia, in un palazzo in cui abitano solo “neri”, dove in tanti dividono gli appartamenti, una stanza per ognuno e anche per ogni famiglia, bagno e cucina condiviso.

Tutti molto giovani, alcuni lavorano in campagna, altri come lavapiatti in ristoranti, la maggior parte la trovi davanti ai supermercati a dirti: “buongiorno signore”.
E la domenica li trovi tutti alla fermata dell’autobus che li porta in Chiesa.

Dicevo, non le avreste dato più di quindici anni, un cappotto due taglie più grande e di solito calzini e infradito anche in questa stagione.

Sapevo che sua madre da tempo non stava bene, che stentava a curarsi perché nel loro paese ci si può curare solo pagando. Sapevo anche che suo padre da tempo non dava più notizie, da tempo se n’era andato via.

Quella mattina scorrendo i numeri whatsapp mi accorsi che aveva cambiato il suo profilo, al posto della foto aveva messo una frase, scritta bianca su fondo nero:
We are born in 1 day. We die in 1 day. We can change in 1 day and we can fall in love in 1 day. Anything can happen in just 1 day”  

In cima alla frase un fiore stilizzato.
Il pensiero non mi diceva niente di buono.

Provai a telefonare, niente, ci riprovai più tardi e ancora niente.
Mi rispose che stavo andando al lavoro e tra le lacrime mi disse che sua madre era morta.

In quella stanza molto piccola che era la loro casa, c’era lei e la sorella più grande anche lei arrivata in Italia da un po’ di anni, che piangevano, piangevano sin dalla mattina ed io non riuscii a fermare il loro pianto o forse neanche ci provai.

In quella stanza, tutto il peso della solitudine e della miseria e nello stesso tempo la compostezza e la dignità di chi viveva un dolore per la madre morta.

Per staccarle dal loro pianto, mi offrii di accompagnare Sarah in un negozio africano lì vicino, doveva prendere delle cose.
Non smise comunque di piangere, fissava il video del telefonino con la foto di sua madre mentre in sottofondo scorrevano le note di una canzone che di sicuro cantavano nella loro Chiesa in queste circostanze.

Fu straziante quel tratto di strada, neanche una parola che non restasse soffocata dal pianto.

Tutto il dolore di una “migrante nera” che non aveva potuto dare l’ultimo saluto a sua madre, di una migrante che non aveva potuto stare vicino a sua madre nell’ultimo tratto della sua esistenza.
Una migrante che non aveva potuto dare il suo aiuto, non aveva potuto stringere la mano della madre morente.

Chissà i suoi pensieri in quel momento, i suoi ricordi, la sua rabbia.
Fece scorrere il video del telefonino più avanti, mi mostrò la foto del fratello e della sorella entrambi più piccoli di lei, entrambi scolari. Erano rimasti soli.

E lei “invisibile” in attesa di un permesso di soggiorno che non arriva e che forse non arriverà mai.
Chissà dove erano andati a finire i suoi pensieri, so che piangeva, che c’era un freddo cane e che in giro si cominciava a spargere il sale per evitare il formarsi di ghiaccio sulle strade.

Le chiesi se avesse bisogno di qualcosa, mi fece cenno di no con la testa.
La triste storia di uno dei tanti migranti invisibili che hanno solo un nome e forse neanche lo ricordano più.
Colpevoli di voler cercare di migliorare la propria vita e quella delle loro famiglie “fuggendo” dal loro paese, ma che invece trovano odio e disprezzo, finiscono in un paese che fa fatica o non vuole accoglierli.

La triste storia di un viaggio non ancora finito, la triste storia di chi non ha potuto dire neanche “ciao” a sua madre.
Nessun lavoro è più importante del fare qualcosa per chi ha bisogno.

Tornai a casa che non so se pioveva o erano piccolissimi fiocchi di neve.
Cercai risposte che non trovai, cercai di capire perché è difficile restare “umani”, cercai di capire qual’ è il limite oltre il quale provare vergogna.

Io non so se mentre sto finendo di scrivere questa lettera, Sarah piange ancora.
Io spero di no, spero tanto che la sua vita gli regali tanti sorrisi.
Coraggio Sarah, come dici tu: nella vita tutto succede in un giorno.
Ti svegli un mattino e ti accorgi che è proprio quello il tuo giorno più bello.

Arriverà, arriverà anche per te.
Tienilo bene in mente Sarah, ricorda ogni piccola cosa, la più inutile, quando ci incontreremo dovrai raccontarmelo.
Per il momento: buon compleanno Sarah.