Rubriche/Opinioni/di Piero D’Errico
Galatina – Se i voti degli elettori del PD potessero e sottolineo potessero, andare alla coalizione di Marcello Amante, a maggior ragione e logica, potrebbero convergere per gli stessi motivi nella stessa coalizione i voti del Dott. Antonaci, che essendo ancora più a sinistra non potrebbe mai e poi mai convergere e fare un tutt’uno con l’elettorato di una chiara marca di destra.
Qualcuno del suo entourage potrebbe sicuramente farlo, ma siamo già abituati alle sue performance variegate che vanno da una parte all’altra dello schieramento, da Che Guevara in poi.
Marcello Amante è destinato a diventare per l’elettorato di sinistra non arrivato al ballottaggio il “meno peggio”, tant’è che è difficile pensare il contrario.
Non oso immaginare l’idea di un “liberi tutti”, un “né con uno né con l’altro”, una forma ibrida che farebbe torto alla loro intelligenza politica.
Insomma, chi ha votato Antonaci e Antonica in prima istanza, difficilmente potrà votare dove c’è tanta ideologia contraria, anche se nascosta.
E intanto aspetto una rimpatriata, una riedizione dello show che ha visto la partecipazione disinteressata dei sindaci vicini. Sono sicuro che il loro attivo e fattivo contributo, ripeto, “disinteressato”, darà quello che manca alla nostra città.
Avrei potuto benissimo stare come si dice “con due piedi in una scarpa”: di là c’erano i compagni di una vita ed una candidata che aveva mosso i suoi primi passi con me in politica, di qua una nuova avventura ricca di fascino e di novità che mi portava in una coalizione in cui mi venivo a trovare per il carisma e la lungimiranza del leader regionale di CON.
Ho scelto di stare solo da una parte, una posizione ferma e netta che spero non venga considerata un difetto, ma venga apprezzata. Ho dovuto politicamente attaccare anche i miei compagni di viaggio di anni, ma io sono fatto così: o bianco o nero. Sposo la missione che mi ha arruolato, sarebbe stato uguale se mi fossi trovato per “fatal combinazione” dalla parte opposta.
La politica è come il calcio, in campo volano insulti, spintoni e rabbia, poi finita la partita ci si abbraccia e si chiede scusa per ogni cosa non giusta.
Conosco tutti i trucchi per farmi odiare, è una mia specialità e ci riesco quasi sempre. Ma ho una caratteristica che non so se abbia ancora un valore, penso di no: si chiama “coerenza”, si chiama “appartenenza”.