Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Ma che romantici che eravamo, scrivevamo “TI AMO” sulla sabbia e “il vento a poco a poco” cancellava tutto oppure arrivava un’onda più lunga lasciando del TI AMO, solo qualche lettera.

Ma noi quella frase la riscrivevamo ancora senza neanche conoscere a fondo il significato.

Sì, eravamo più romantici, e che dolcezza quando di notte sulla spiaggia intorno a un falò, intonavamo: “….che lei, lei era un piccolo grande amore, solo un piccolo grande amore niente più….”.

Per ascoltarci si fermava anche il mare, non voleva fare rumore.

E pochi metri più avanti, accompagnati da una chitarra scordata cantavano: “ ……..le bionde trecce gli occhi azzurri e poi, le tue calzette rosse……..” e poi loro e noi tutti insieme: “……..o mare nero,  mare nero, mare nero, tu eri chiaro e trasparente come me……..”.

Ci sentivano cantare dalla strada principale e a volte cantavano insieme a noi. Troppo bello.

Erano quelli i nostri concerti, quando poi avevamo perso la voce avevamo sempre il mangiadischi con tutti i dischi del momento, quelli del cantagiro. E poi quelle partite di calcetto in spiaggia con le porte segnate dal bastone degli ombrelloni.

Quanta fatica giocare sulla sabbia, ricordo ogni volta che calciavo vedevo sollevare una montagna di sabbia ma il pallone non si spostava di un millimetro, era sempre là.

E poi c’era il tifo dei genitori ed amici e gli abbracci e i salti di gioia ad ogni vittoria, ma solo per far crepare di rabbia gli avversari, fare dispetto.

Le sere poi finivano davanti a un BAR a raccontare e progettare il giorno dopo.

Forse avremmo dato la rivincita o forse no, forse avremmo fatto altro, saremmo andati a pesca o fatto i tuffi da uno scoglio che affiorava dall’acqua.

Oppure non avremmo fatto né una cosa né l’altra, forse saremmo andati con i genitori a fare un po’ di spesa.

Mi piaceva, il gelato non sarebbe mancato e qualche bottiglia d’aranciata neanche.

Poi l’estate volgeva al termine, le giornate si accorciavano, le prime piogge improvvise ci sorprendevano ancora in spiaggia. Correndo ci riparavamo in pineta e poi appena finito di piovere l’estata ricominciava.

Facevamo fatica ad abituarci all’idea che l’estate era quasi finita.

I primi giorni eravamo gonfi di malinconia e la tristezza si leggeva nei nostri occhi.

Poi pian piano, si riprendevano i ritmi della città, si incontravano i vecchi amici di sempre, ricominciavano gli incontri al muretto che costeggiava la strada principale.

Si riprendevano le vecchie simpatie e anche le vecchie antipatie.

Ma stasera, si è aggiunta una ragazza nuova, non so chi del gruppo l’ha portata.

Ci siamo presentati e quando le ho detto – ciao Piero – lei ancora abbronzata, camicia chiusa col doppio nodo davanti e infradito color oro, dopo avermi detto il suo nome mi fa: – di che segno sei ?

  • dei PESCI – gli dico  – E tu? – Capricorno– rispose lei.

E poi sempre lei: – le stelle dicono che dall’incontro dei nostri segni, possono nascere belle…  Ci trovammo a dire contemporaneamente io e lei – storie, amicizie -.

Né l’una né laltra.

Forse Saturno non era ben allineato o il bel Mercurio era un po’ incazzato, fatto sta che quella volta le stelle sbagliarono.

Sì, ma io le ho perdonate.