Eventi/di Mario Graziuso
Lunedì 11 marzo alle ore 18:00, nella Sala Conferenze dell’ex “Palazzo De Maria”, in Corte Taddeo, avrà luogo la presentazione di un Laboratorio di scrittura autobiografica, dal titolo “La scrittura e lo specchio, il cassetto dei ricordi”, che la nostra Associazione intende proporre ai soci e agli amici che vorranno frequentarlo.
Ad animare l’avvio di questa nuova esperienza sarà il prof. Antonio Errico, apprezzato narratore, saggista e opinionista, particolarmente attento a questa tipologia di scrittura. L’incontro sarà presentato dalla consigliera Daniela Vantaggiato.
Quali motivazioni ci hanno spinto ad avvicinarci alla narrazione autobiografica?
Riteniamo sia utile sollecitare un interesse non episodico o improvvisato, ma ben fondato e fertile, verso il racconto di sé e dei propri vissuti familiari, con l’idea che sia adatto sia per riprendere confidenza con la scrittura, in un tempo in cui si tende quasi a dimenticarla, ma anche quale “terapia” efficace al fine dell’elaborazione dei nodi problematici, dei conflitti, come delle positive esperienze, che appartengono ad ogni storia individuale. Secondo quanto sostiene Duccio Demetrio, uno degli studiosi più accreditati con riferimento a tale ambito di scrittura, “l’autobiografia, come scrittura di sé, non è un rifugio nel passato ma è ben piantata nel presente e orientata, piuttosto, al futuro.
E’ tesa a trovare il senso della propria vita nel presente, orientati al futuro e riconciliati con il passato. Sapendo che non ci sono risposte definitive ai quesiti che vengono man mano individuati nella pratica autobiografica, che è anche un viaggio di ricerca continuo.”
Antonio Errico, per chi non lo conoscesse, è nato in provincia di Lecce dove vive ed è dirigente scolastico di un liceo. Ha pubblicato libri di narrativa e saggistica, saggi e racconti in volumi collettivi e collabora a quotidiani, riviste letterarie e scolastiche.
Per meglio comprendere il significato della sua presenza, oggi, per accompagnarci nella ri-scoperta dei nostri “luoghi della memoria”, riprendiamo un passaggio di un suo scritto sul tema della memoria quale nutrimento dello scrivere di sé: “Per esempio: i luoghi dell’infanzia. Un vicolo cieco con la ghiaia, un cortile con il glicine, un giardino con l’altalena tra i rami di un melograno. Luoghi che ricordiamo a stento, galleggianti, sfumati nel pensiero, come paesaggi nel fondo di un dormiveglia. I luoghi non sono mai come li ricordiamo. Sì, forse resta qualcosa: il verde forte, rugoso, screpolato, del portone di una casa che nessuno abita più, un tufo che fa da gradino, l’insegna arrugginita di una barberia; sì, forse resta qualcosa, come fosse una ruga riconoscibile in una fisionomia mutata; resta qualcosa ma i contesti si trasformano, i particolari vengono sostituiti, non ci sono più i volti che si ricordavano, non ci sono più le voci, le piccole storie che sembravano universali.”